Ospedale psichiatrico Sant'Antonio abate di Teramo


Sede: Teramo
Date di esistenza: 1881 - 1998
Condizione giuridica: pubblico

Altre denominazioni
Ospedale Sant'Antonio abate - Manicomio di Teramo 1902 - 1930
Ospedale e Istituti riuniti di Teramo. Ospedale psichiatrico 1940 - 1978

Nel 1881 la Congregazione di carità di Teramo, guidata dal medico Berardo Costantini, deliberava l'istituzione di una sezione dedicata all'accoglienza degli infermi mentali all'interno dell'ospedale civico S. Antonio abate. La struttura, ospitata al piano terreno dell'ospedale a porta Melatina, nel cuore di Teramo, fu aperta nel luglio dello stesso anno; vi prestava la sua opera lo stesso Costantini e le funzioni mediche e di assistenza erano espletate da personale religioso e laico dell'ospedale civico. Il nuovo istituto, nato per fornire asilo agli alienati mentali, divenne ben presto ricovero per semplici mentecatti e per malati le cui patologie (malaria, tubercolosi, pellagra, epilessia, sifilide) erano legate soprattutto alle condizioni di indigenza, ma anche luogo di reclusione di "degenerati morali", alcolizzati, prostitute, uomini, donne e bambini allontanati dalle famiglie, dagli ospedali, dagli orfanotrofi, dai ricoveri di mendicità e dalle carceri. Dall'iniziale esiguo numero si passò nel giro di una decina d'anni a circa 200 ricoverati, provenienti non solo dal bacino provinciale teramano, ma anche dal territorio regionale ed extra-regionale. Ciò impose l'aumento del numero di locali dedicati, dapprima con l'assegnazione di spazi ulteriori nell'ospedale civico, poi, nel 1894, con la costruzione di un nuovo edificio attiguo; l'ampliamento sarebbe continuato negli anni 1895-1900 con l'acquisto di case nelle immediate vicinanze dell'ospedale, ad uso esclusivo del manicomio. Si ravvisò, inoltre, la necessità di una riorganizzazione complessiva, rispecchiata nel regolamento interno del 1893: la direzione sanitaria veniva distinta dalla presidenza della Congregazione di carità, cui rimanevano funzioni amministrative, e affiancata da un corpo medico e infermieristico proprio. Nel 1900 lo statuto dell'ospedale civile S. Antonio (approvazione governativa del 7 settembre) dedicava una menzione specifica alla sezione delle malattie mentali (artt. 8-9), segno della sua crescente importanza all'interno del complesso ospedaliero; vi si stabiliva, fra l'altro, il pagamento di una retta per gli infermi di malattia mentale a carico di "chi vi [era] tenuto per legge".
Dal 1892, a seguito del primo concorso bandito dalla Congregazione di carità, la direzione era affidata a Raffaele Roscioli, che avrebbe diretto l'istituto fino al 1916. L'esperienza precedentemente maturata nell'ospedale psichiatrico di Nocera Inferiore permise a Roscioli di impostare una prima organizzazione della struttura teramana tesa a ridisegnare le funzioni del manicomio da luogo di ricovero e custodia a luogo di cura attraverso la costante osservazione dei malati e la conseguente redazione dei documenti nosologici. Il Roscioli introdusse l'attività lavorativa come mezzo terapeutico: i cosiddetti "tranquilli" potevano recarsi a lavorare nella prima colonia agricola, inaugurata nel febbraio del 1905, e nelle officine che si andavano via via impiantando. I ricoverati erano, inoltre, impegnati nella pulizia dei locali, nella lavanderia e nei magazzini; mentre le donne erano occupate prevalentemente nella cucina, nella tessitura, nel ricamo e cucito. Per diminuire l'affollamento e il disagio che la penuria di locali provocava, nel 1910 fu istituito l'Asilo speciale per alienati cronici e tranquilli, nella sede succursale di Porta Romana a Teramo. Roscioli intervenne anche nella qualificazione del personale addetto alla vigilanza, fino allora costituito da persone prive di formazione specifica, per lo più dotate di forza fisica e dai modi rozzi e violenti: egli avviò una scuola professionale interna per infermieri destinata a funzionare per qualche decennio. Promosse, infine, la pubblicazione di una rivista bimestrale, "Cronaca del manicomio". Le trasformazioni messe in atto dal Roscioli furono riprese dal successore, Guido Garbini, che diresse l'istituto dal 1917 al 1919, negli anni difficili della prima guerra mondiale, segnati dal sovraffollamento, in parte dovuto all'internamento dei militari ritornati dal conflitto con disturbi mentali, dalla carenza di personale, dallo stato fatiscente dei locali. Una sua relazione alla Congregazione di carità fornisce un quadro dettagliato dell'organizzazione del servizio al 1919.
La vera e propria trasformazione dell'istituto da struttura sanitaria a prevalente carattere di custodia e fondata sullo spirito "compassionevole", a vero e proprio ospedale psichiatrico, può ritenersi raggiunta solo agli inizi degli anni Trenta, con la direzione di Marco Levi Bianchini. Illustre psichiatra, direttore in carica dal 1924 al 1931, convinto sostenitore e promotore della diffusione in Italia della psicanalisi, Levi Bianchini diede slancio e impulso alla struttura che divenne, durante il suo mandato, punto di riferimento nazionale e internazionale per le discipline psichiatriche, psicologiche e psicanalitiche. Per sua iniziativa l'ospedale fu centro in quegli anni di iniziative di studio e ricerca assai feconde, come dimostrano la nascita nel 1924 della rivista "Archivio Generale di Neurologia, Psichiatria e Psicanalisi", organo ufficiale del manicomio teramano, e nel 1925, sempre a Teramo, la fondazione della prima "Società psicoanalitica italiana". Di pari passo con l'approfondimento teorico, Levi Bianchini affrontò i problemi più urgenti del nosocomio: dalla costruzione di nuovi locali e ristrutturazione di quelli già esistenti, alla riqualificazione e aggiornamento del personale sanitario; dalla creazione di nuovi ed efficienti laboratori all'incremento della biblioteca creata da Guido Garbini; seppe inoltre instaurare rapporti professionali e umani con i pazienti, dei quali prendeva a cuore le situazioni personali e familiari. Levi Bianchini attuò una nuova organizzazione interna che prevedeva, oltre alle tre sezioni già esistenti (uomini, donne e fanciulli), sottosezioni e nuove sezioni staccate dedicate ad altre patologie influenti sulla malattia mentale; nel 1928 inaugurò il dispensario di igiene mentale, quinto in Italia dopo Milano, Arezzo, Venezia e Ancona, servizio finalizzato ad evitare il ricovero.
Il rilievo assunto dalla sezione mentale (alla fine del 1925 si contavano 700 ricoverati, fra cui un consistente numero di malati di provenienza chietina già internati nell'ospedale di Aversa) aggravava i problemi di spazio tanto della sezione speciale, quanto delle divisioni di medicina e di chirurgia dell'ospedale. Ciò indusse nel 1925 la Congregazione di carità a separare l'ospedale dal manicomio deliberando la destinazione dell'intero complesso di porta Melatina all'ospedale psichiatrico e la costruzione di un nuovo edificio per l'ospedale civile; i reparti non psichiatrici furono spostati in una sede provvisoria, fino all'apertura del nuovo ospedale civile nel 1931. La distinzione delle due istituzioni ospedaliere si manifestava anche nelle rispettive denominazioni: Ospedale civile Vittorio Emanuele III e Ospedale psichiatrico di S. Antonio abate. In quello stesso anno si registrava nell'ospedale psichiatrico una presenza di 1000 ricoverati, oltre 100 infermieri, 5 medici a tempo pieno, diversi inservienti e un discreto numero di collaboratori che prestavano la loro opera nelle officine, nei laboratori e nelle colonie agricole. Se si considera che la popolazione del centro storico di Teramo non superava i novemila abitanti, si può ben dire che il manicomio rappresentava una città nella città.
Con la legge 3 giugno 1937 n. 847 e il riordino dell'assistenza in essa previsto la gestione dell'ospedale psichiatrico passava dalla Congregazione di carità all'Ente comunale di assistenza (ECA) e, nel 1940, al nuovo organismo Ospedali e istituti di ricovero di Teramo, retto da un Consiglio di amministrazione formato da rappresentanti dei singoli istituti, con la partecipazione di un membro designato dalla Diocesi teramana.
Superato il difficile periodo del secondo conflitto mondiale, negli anni '50 del sec. XX l'ospedale registrò una forte ripresa dell'attività scientifica e sanitaria, che si rispecchiava anche nella nascita di un nuovo complesso di neuropsichiatria in contrada Casalena, alle porte della città: vi vennero trasferiti i degenti di sesso maschile, mentre le degenti rimanevano nella sede originaria di porta Melatina.
Nel 1978 vedono la luce due importanti leggi, destinate a modificare in misura diversa la vita dell'ospedale psichiatrico: la l. 23 dicembre 1978, n. 833, istitutiva del Servizio sanitario nazionale, che decretava il passaggio dell'ospedale all'Unità sanitaria locale (poi Azienda sanitaria locale) di Teramo, e la l. 13 maggio 1978, n. 180 (legge "Basaglia"), che sanciva la chiusura degli ospedali psichiatrici. Gli effetti di quest'ultima dovevano esplicarsi in tempi assai più lunghi: ancora nel 1995 risultavano essere ricoverate 250 persone.
L'Ospedale psichiatrico S. Antonio abate chiude il 31 marzo 1998.

Per saperne di più
L'anomalia del sentimento. Mostra documentaria, Teramo 2013
Ospedale psichiatrico di Teramo
Ospedale psichiatrico di Teramo (voce Wikipedia)



ultimo aggiornamento
7 marzo 2014